
Beati quegli anni in cui non esisteva la parola overtourism e il turismo era semplicemente la linfa del nostro Paese: il motore del PIL, del lavoro, del brand Italia.
Poi è comparsa quella parola brutta, diventata quasi una “malattia”, figlia del politicamente corretto che vuole “proteggere” ma finisce per punire.
E che cos’abbiamo imparato dal 2020? Il devastante coronavirus ci ha tolto milioni di vite e ha ucciso il turismo, congelandolo. Oggi che il turismo è tornato – nonostante guerre e crisi globali – ecco che di nuovo vogliono punirlo con slogan, tasse e limiti, proprio quando le nostre città d’arte stanno contando le ferite: meno visitatori, meno servizi, meno economia.
I numeri sono chiari (e non mentono)
1. Pressione turistica record e rischio collasso
L’Indice ICST 2025 (Demoskopika) piazza Rimini, Venezia e Bolzano nella fascia “Molto Alta” (>110), seguiti da Roma, Firenze, Napoli, Milano, Verona e Trieste – luoghi che subiscono un sovraccarico infrastrutturale evidente.
A Rimini si registrano oltre 17 000 presenze turistiche per km², a Venezia 16 000/km²
Inoltre Rimini produce 76,8 kg di rifiuti urbani per turista (contro i 0,5 kg di Benevento).
2. Crociere, affitti brevi, aree depopolate
- Venezia, con meno di 50 000 residenti e fino a 85 000 escursionisti al giorno, sta perdendo abitanti storici.
- A Firenze si intensificano le norme anti-Airbnb e stop nuova affittanza breve per salvare i residenti.
- Il Lago di Como ha registrato 4,8 milioni di pernottamenti nel 2023: un’enormità che schiaccia trasporti e inflaziona gli affitti.
3. Flussi in crescita… ma sbilanciati
Le proiezioni estive 2025 vedono 27 milioni di turisti internazionali da giugno a settembre (+4,6% rispetto al 2024); nei soli primi tre mesi estivi oltre 10,6 milioni di arrivi, con spesa turistica diretta stimata in oltre €10 miliardi.
Ma attenzione: nei primi mesi del 2025 la spesa inbound è salita del 7% (€3,2 mld), mentre il turismo interno registra segni di cedimento.
Secondo Enit-Ministero, nel luglio 2024 la permanenza media degli italiani in loco è scesa da 5,2 a 4,8 notti, con cali fino al –40% in località come Ostia, Fregene, Liguria e Puglia.
Da festa a fardello
Il turismo crea ricchezza — nel 2024 abbiamo superato i 65 milioni di visitatori internazionali, generando oltre €55 miliardi di spesa.
Ma i vantaggi si trasformano in minacce se le politiche sono ottuse:
- Venezia ha introdotto la tassa d’ingresso (€5–10) in 54 giorni “ad alto traffico” per tarare i flussi.
- Firenze blocca i golf cart, vieta i key boxes e ha limiti severi sugli affitti brevi.
- Si suona lo stesso ritornello a Roma, Milano e Napoli, con tasse di soggiorno che salgono fino a €25 a notte nei grandi hotel.
Il risultato? Un terrorismo linguistico: overtourism diventa pretesto per limitare e punire, fino al punto da soffocare la ripartenza. Le nostre città d’arte già soffrono: meno presenze, meno lavori, meno energie.
Ma c’è una via d’uscita intelligente
- Destagionalizzare: favorire la primavera e l’autunno, quando la domanda extraeuropea cresce e l’Italia è più accessibile
- Diversificare le mete: il 70% dei turisti concentra il 99% dei flussi su pochissime zone: puntiamo su borghi, aree minori, territori meno battuti.
- Regolare, non proibire: come a Sirmione con “tutor di strada”, o regolando l’ingresso con tecnologia, ma lasciando prosperare l’accoglienza.
- Investire nei residenti: infrastrutture, trasporti, pulizia, controllo dei rifiuti. Non escludere, ma migliorare.
In conclusione: stop al terrorismo semantico
No al linguaggio che uccide il turismo. Sì alla gestione intelligente, sostenibile, equa.
Abbiamo vissuto l’orrore del lockdown, ora non possiamo permetterci di affossare il turismo proprio mentre ritorna con forza. Le città d’arte stanno perdendo colpi: è il momento di agire, con testa, coraggio e visione.