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Moriremo di burocrazia

Negli ultimi anni siamo intervenuti più volte su un tema che, purtroppo, rimane ancora oggi il principale ostacolo a ogni forma di sviluppo economico in Italia: la burocrazia.

Regole, sempre più regole, per fare qualsiasi cosa. Ogni anno la spesa per adempiere agli obblighi burocratici cresce, e cresce anche la frustrazione di cittadini e imprese. Avevamo tirato un sospiro di sollievo con il passaggio dal cartaceo al digitale, sperando in una vera semplificazione amministrativa. E invece, niente.

Anzi: con l’era digitale la burocrazia ha fatto un salto di qualità. È nata una nuova figura, tanto invisibile quanto pericolosa: il burocrate digitale. È un essere umano in carne e ossa, ma opera nel mondo delle piattaforme informatiche, programmatore seriale di procedure, vincoli, moduli e portali sempre più complessi.

E così, la burocrazia non solo non arretra, ma avanza inesorabile, frenando ogni iniziativa economica. Portali sempre più complicati per avviare qualsiasi tipo di attività, sportelli SUAP che diventano la trincea delle procedure. Nessun coordinamento, solo frammentazione: ognuno va per conto suo, anche a causa del Titolo V della Costituzione, che ha attribuito alle Regioni competenze fondamentali in materia di sviluppo economico, governo del territorio e sanità.

Già, “sviluppo economico”: una locuzione che oggi suona quasi ironica. Perché in realtà lo sviluppo è spesso ostacolato da normative rigide, astratte, scollegate dalla realtà e incapaci di distinguere tra grandi imprese e piccole iniziative individuali.

Prendiamo il settore dell’ospitalità extralberghiera, il nostro mondo. In molti Comuni, per aprire una semplice attività ricettiva — anche in edifici storici, da sempre abitati — si richiede l’agibilità. Anche se vuoi solo affittare una stanza inutilizzata della tua casa e offrire una colazione al mattino, ti ritrovi invischiato in un labirinto di norme.

Non puoi offrire una colazione come la faresti a un parente. No: puoi solo somministrare prodotti confezionati e sigillati, altrimenti scatta il famigerato protocollo HACCP (D. Lgs. 193/2007), pensato per la sicurezza alimentare nella ristorazione vera e propria. Ma attenzione: se il turista si serve da solo al buffet, tutto regolare. Se invece sei tu a portargli il vassoio al tavolo… ecco che diventa somministrazione di alimenti e bevande, e per farlo serve un corso professionale abilitante.

Capito il paradosso? Lo stesso prodotto, lo stesso ospite, la stessa stanza — ma se fai tre passi in più con una tazza in mano, entri in un’altra categoria giuridica.

Venerdì 4 luglio, siamo stati chiamati, come Associazione Nazionale, a parlare di burocrazia in un evento promosso dalla Fondazione PromoPa, incaricata da Invitalia – Dipartimento della Funzione Pubblica, per affrontare proprio questo problema.
E indovinate? Per parlare di burocrazia… è stata creata altra burocrazia.

Speriamo però che, in questo caso, parlarne e mettere sul tavolo i vari aspetti che stritolano il sistema e soffocano lo sviluppo economico serva, una volta per tutte, al Governo per affrontare seriamente il problema della semplificazione, vera e non solo annunciata, come purtroppo è stato in passato.


Cos’è Invitalia?

È l’Agenzia nazionale per lo sviluppo, che collabora con la pubblica amministrazione per promuovere l’innovazione e la digitalizzazione, in particolare nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). – Invitalia agisce come soggetto attuatore per diverse riforme, tra cui quella del mercato del lavoro nella PA, la semplificazione normativa e la digitalizzazione dei SUAP (Sportelli Unici per le Attività Produttive) e SUE (Sportelli Unici per l’Edilizia).

Applaudiamo comunque l’iniziativa e siamo stati lieti di avere avuto l’opportunità di rappresentare la voce dei gestori e di fare un quadro generale delle difficoltà che affrontano ogni giorno.
Ma non possiamo non evidenziare un’amara verità: in Italia, la burocrazia è diventata una macchina che si alimenta di sé stessa, indipendentemente dal mondo reale.

E intanto, il tessuto economico più fragile — fatto di famiglie, microimprese, giovani che vogliono investire nel proprio territorio — resta fermo, schiacciato da regole pensate per altri contesti e altri tempi.

Un dato su cui riflettere: secondo il rapporto Doing Business della Banca Mondiale (fino alla sua interruzione nel 2021), l’Italia si collocava al 58° posto su 190 Paesi per facilità nel fare impresa. E oggi, nonostante i proclami, poco è cambiato.


In conclusione

Serve un cambio di paradigma. Serve una burocrazia intelligente, che accompagni lo sviluppo e non lo ostacoli.
Una burocrazia che non trasformi ogni cittadino in un tecnico e ogni idea in un problema.

Serve, in definitiva, una politica che abbia il coraggio di mettere ordine, togliere il superfluo e restituire centralità al buon senso.

Altrimenti sì, moriremo di burocrazia.
E nemmeno il burocrate digitale se ne accorgerà.

Cesare Gherardi
Direttore ANBBA

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