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Overtourism: una sfida da affrontare senza colpevolizzare le locazioni turistiche

Negli ultimi mesi, le proteste di residenti in tutta Europa — da Barcellona ad Atene, da Venezia a Maiorca — hanno riacceso il dibattito intorno all’overtourism, ovvero quella pressione turistica che sembra stravolgere l’equilibrio delle comunità locali, aumentando i prezzi delle case, congestionando le strade e svuotando i centri delle loro attività tradizionali.

È una situazione che preoccupa, perché tocca tanto la vivibilità delle persone quanto l’autenticità delle destinazioni. Ma è importante non cadere nella trappola delle generalizzazioni. Le locazioni turistiche non sono la causa principale del problema, come a volte sembra dalla narrazione mediatica. Anzi, secondo diversi studi, hotel, crociere, tour organizzati e viaggi low-cost concentrano la massa di arrivi in determinati luoghi, creando una pressione che va ben oltre quanto le case private da affittare per brevi periodi possono aver determinato.

È quanto emerge dal rapporto di Airbnb “Overtourism nell’UE”, che smonta diversi luoghi comuni.

Negli ultimi 2-3 anni:

L’80% dei pernottamenti nelle 10 capitali europee più visitate è avvenuto in hotel.
Negli ultimi 3 anni, i pernottamenti in hotel sono aumentati di 200 milioni, 75% di questo incremento è dovuto alle strutture ricettive alberghiere.
✅ A Amsterdam, le camere d’albergo superano di 15 volte quelle di Airbnb in centro.
Nonostante le restrizioni, come quelle a Barcellona e Amsterdam, l’overtourism non è affatto calato, perché il flusso di turisti trova strade alternative per arrivare in quelle mete.

È quindi una situazione ben più complessa di quanto sembra, che richiede una gestione strutturale, una pianificazione delle presenze e una strategia di deconcentrazione, per distribuire i flussi in modo più sostenibile, evitando di gravare sulle stesse aree.

È importante sottolineare come le locazioni turistiche portino ricchezza alle comunità, non solo ai privati che affittano le loro case.

È provato che ogni euro speso su Airbnb produce 2,50 euro per l’economia locale. Inoltre, le persone che alloggiano in questo modo tendono a scoprire nuovi quartieri, consumando in attività di prossimità — dal fornaio sotto casa al ristorante a conduzione familiare — contribuendo all’occupazione, all’artigianato, al mantenimento delle attività di vicinato.

È quanto sottolineato da Theo Yedinsky, vicepresidente delle politiche pubbliche di Airbnb:
“È importante che le persone scoprano nuove aree delle nostre città, che le comunità traggano benefici dal turismo, che le persone comuni possano mantenere le loro case e che le attività di quartiere vivano di questo afflusso. La sfida è governare questo fenomeno, non demonizzarlo.”

È quindi fondamentale cambiare la prospettiva.

È la sfida delle istituzioni, delle associazioni di categoria, delle persone che vivono di questo settore: trovare una soluzione che concilî le esigenze dei cittadini con quelle dei turisti, che distribuisca i flussi in modo più omogeneo, che valorizzi l’autenticità delle destinazioni senza stravolgerla.
È questo l’approccio che ANBBA sostiene: una gestione equilibrata, che non colpevolizza le locazioni turistiche, ma le considera parte di una soluzione più ampia e sostenibile per l’intero territorio.

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